La Luna nel Pozzo

LA LUNA NEL POZZO

Alcuni amici mi hanno chiesto di raccontare quello che successe il 23 novembre 2013.


Ebbene, era un periodo molto triste perché per quel giorno avevo chiesto alla mia veterinaria di fiducia di venire di mattina presto per addormentare per sempre il mio amato Tainer. Una labirintite ad agosto, poi attacchi epilettici e infine un tumore aveva divorato in poche settimane la tempia e il setto nasale.


E, come a volte capita, per lo stesso giorno non mi era rimasto altro da fare che dover accettare la visita dell’amico elettricista che veniva per cercare di trovare l’origine di una inspiegabile serie di cortocircuiti. Poteva venire solo quel giorno, nel primo pomeriggio.


Quel giorno doveva venire però anche la Morte ma venne e fu gentile perché lasciò un invisibile biglietto su cui aveva scritto che non era venuto il suo momento e che sarebbe passata un'altra volta. All’alba Tainer si era infatti ripreso e aveva pure mangiato: avevo quindi chiamato la veterinaria per rimandare l’appuntamento a data da destinarsi e mi misi in attesa dell’elettricista.


Nella fretta, sollevata che Tainer stesse meglio, non avevo però letto bene il biglietto perché la Morte quel giorno doveva passare per prendere non solo lui ma per portarci via in tre e restò in impalpabile attesa che qualcuno da lassù eventualmente revocasse l’ordine.


Arrivò l’elettricista e iniziammo a controllare cavi, prese, spine e centraline. Scoperchiammo anche il grande pozzo che abbiamo nel salone, sperando di trovare l’origine dei cortocircuiti in un difetto dell’impianto di illuminazione o di pescaggio della pompa sommersa. Prima del nostro arrivo questo bellissimo pozzo vecchio almeno 200 anni era chiuso da un impenetrabile quanto funzionale e anonimo coperchio di cemento. L’ avevo fatto sostituire durante i lavori di ristrutturazione con una coperchio di vetro spesso abbastanza da camminarci sopra e che dava la possibilità di ammirare il manufatto e di tenere sott’occhio la falda.


Aprimmo così il sarcofago di vetro e per tre ore il pozzo rimase aperto. Stavamo finalmente per chiuderlo, dopo aver appurato che il corto circuito non veniva originato da lì, quando volli dare un ultimo colpo di straccio alla faccia interna del vetro prima di spingere i 70 kg di cristallo al loro posto.


In quel momento al bordo del pozzo si avvicinò il mio gatto Blacky che purtroppo confermò le mie precedenti osservazioni sul fatto che i gatti da vicino vedono solo cose in movimento ma che fanno fatica a capire la natura di cose immobili.


Annusò incuriosito il bordo del pozzo, percepì la temperatura diversa che saliva dal buio e fece un saltino pensando di continuare a camminare come sempre sul solito coperchio di vetro messo a chiudere la voragine che lui manco sapeva fosse lì. Precipitò nel pozzo che eppure era davanti ai suoi occhi!!!


Sentimmo il tonfo e subito dopo lo vedemmo annaspare disperato nell’acqua a ca. 3,5 mt di profondità. Pochi secondi dopo sentii solo più le comprensibili imprecazioni del mio compagno di allora mentre, dopo essermi seduta sul bordo, mi tuffavo a candela cercando di occupare meno spazio possibile per ridurre al minimo l’impatto che avrebbe potuto essere letale proprio per Blacky. Mentre “scendevo” gli dissi di chiamare il Comando dei Vigili del Fuoco di Reggio Emilia.


Mi immersi completamente, pur tirando in su le gambe al primo contatto con l’acqua per evitare anche l’impatto col fondo. Troppe volte mi ero chiesta cosa avrei dovuto fare se qualcuno dei miei animali fosse caduto nel pozzo. C’era un buio tremendo e la sola luce veniva dall’imboccatura che da laggiù sembrava molto lontana e mi misi a cercare Blacky. Mi rattristai sempre di più: non lo sentivo più disperatamente nuotare, né avvertivo il suo corpo esanime galleggiare nell’acqua nera.


Ora la luna, la luce del mondo era sopra di me, col mio compagno che guardava sconsolato e preoccupato verso il basso: “devo aver ucciso Blacky ma non capisco, non lo trovo!”.


“Ma cosa dici?! Blacky è qui, è scappato bagnato fradicio in cantina!”


Mentre io scendevo, Blacky aveva usato il mio corpo o la colonna d’acqua che avevo creato per catapultarsi fuori. Il mio compagno lo aveva visto, sparato fuori come una palla di cannone, volare espulso con ciuffi appuntiti di pelliccia grondante, lasciando una scia d’acqua verso la cantina in cui era scappato trovandola aperta. Ero talmente incredula che andò in cantina per urlarmi la conferma: "è qui, è vivo ed è completamente bagnato!"

“Siiiiiiiiiiiiiiiiii”


Fu l’urlo di una felicità incontenibile che diedi di rimando, ringraziando il Buon Dio e le frotte di Angeli Custodi che si stavano asciugando a loro volta, mentre la Morte se ne stava in un angolo, scuotendo la testa, mettendosi una mano ossuta sulle orbite degli occhi e tirando però anche lei un sospiro di sollievo. A modo suo è felice quando può evitare di dover intervenire per una morte inutile.


Al 118 chiamato dal mio compagno non volevano credere che, ormai abbastanza comodamente seduta nel pozzo in bilico tra le pareti e seppure non fosse possibile toccare il fondo, stessi bene e che non fosse necessario mandare anche una ambulanza. Pensavano di avere a che fare col solito marito non in grado di valutare le situazioni e alla fine, sentendo un'altra voce oltre alla sua, gli chiesero se fosse la mia. Il mio compagno avvicinò il telefono al bordo del pozzo: “sto benissimo, scusate la voce cavernicola (sense of humor?!) ma sono quaggiù e se mandate solo i Vigili è più che sufficiente, grazie!”


E così fu ma mentre stavo a mollo con adrenalina ancora sufficiente a resistere nell’acqua a ca. 10 gradi, avvertii improvvisamente uno strano formicolio al fondo schiena… “dopo 200 anni non si sarà mica svegliato il drago che dorme nel pozzo?”

Alla fine decisi di abbassare le mani nel buio ignoto fino a quando non capii che erano i miei due cellulari che stavano esalando il loro ultimo respiro nelle tasche posteriori dei pantaloni.


“Prendi il sacchetto di plastica che c’è sul tavolo in cucina e mandamelo giù.”
“Ma a cosa lo lego?"

“Apri il cassetto grande e prendi il filo di refe per legare gli arrosti.”


Il sacchetto bianco scese, quasi fosse una rasserenante lampadina e ci misi dentro un cellulare alla volta, dopo averli smontati e aperti, per farli tornare di sopra. Mentre il mio compagno intraprendeva tentativi di primo soccorso con un asciugacapelli per rianimarli, io mi ero fatta rimandare di sotto il sacchetto e raccoglievo gli ultimi pallini di polistirolo che galleggiavano sul pelo dell’acqua, fino ad allora imprendibili sin dalla fine dei lavori di ristrutturazione. Non potevo mica stare con le mani in mano in attesa dell'arrivo dei Vigili del Fuoco.


Fu l’unica volta in cui mi venne la voglia di un “Selfie” che feci scattare al mio compagno e che, per illuminare il pozzo, usò una torcia la cui luce si riflesse nell’acqua. La luna nel pozzo quindi c’era…


I Vigili del Fuoco arrivarono di gran carriera, ho impiegato più tempo a narrare i fatti che non loro ad arrivare in ca. 25 minuti: almeno una decina, capaci e rassicuranti quanto increduli di vedermi lucida e sorridente, nonostante fossi completamente fradicia e ormai molto infreddolita ma io ero felicissima che il mio gatto fosse vivo!


Non fui capace di legarmi attorno alla vita la corda che mi avevano calato, portavo anche degli stivali di gomma, ormai pieni d’acqua e quindi pesantissimi. Dopo il tuffo avevo tentato di uscire da sola ma non c’era stato verso. Fu così che scese uno dei Vigili che mi aiutò a spingermi quel tanto che serviva affinché potessi afferrare e salire su per una strettissima scala, calata anche lei nel pozzo: lasciai così finalmente nel pozzo la luna e il drago a continuare il suo sonno.


I Vigili scrutavano i miei occhi, in cerca di un possibile segnale di mancamento mentre si davano da fare per richiudere il pozzo armeggiando con le ventose necessarie a muovere il coperchio di vetro.


“No, non dovete prenderlo così!”

“Signora si vada a cambiare”


Davo istruzioni, gocciolante come albero innevato che si squaglia sotto al sole, fino a quando il Capitano della squadra mi guardò con fare più incisivo e finalmente accettai di dare retta al suo buon senso.


Quando mi cambiai, scoprii che qualcuno lassù aveva fatto veramente di tutto per proteggerci dopo l’iniziale distrazione perché appiccicate alla maglia che indossavo e alla mia pelle, c’erano disseminate svariate schegge di vetro.


Non avevo pensato abbastanza: mentre mi tuffavo, avevo trascinato con me una sottile lastra di specchio che all’imboccatura del pozzo serviva per mascherare la meccanica della pompa ad immersione. Si era infranta sulla mia testa ma Blacky ed io eravamo rimasti illesi. Non un graffio, non un taglio e ancora oggi si vede qualcuna delle schegge cadute, luccicare nella sabbia che giace sul fondo del pozzo.


Con indumenti asciutti e caldi corsi fuori a ringraziare i Vigili del Fuoco che già stavano ripartendo per il prossimo intervento e per correre poi insieme a Blacky sotto a due piumoni.


La Morte gentile tornò due giorni dopo per prendersi Tainer, accarezzando Blacky e me, felice di averci potuti risparmiare.

Grazie.


PS: Proprietà riservata - uso consentito su autorizzazione di Raffaela Millonig